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Predictive Media Analytics

Il più grande vantaggio decisionale risiede nel poter prevedere i risultati di un’azione.

L’affective computing rende oggi questo vantaggio immediatamente accessibile

 

Viviamo in un mondo basato sui dati. Gli esperti di marketing infatti ne accumulano immense quantità per poter profilare al meglio i clienti. Questi dati però offrono informazioni su quando, dove, cosa e come i clienti interagiscono con il brand. Ma non forniscono mai il perché.

Anni fa si svolse un test tra due colossi di bibite gasate che diventò famoso, le aziende erano Coca-Cola e Pepsi. Venne chiesto ad un campione di persone di assaggiare il prodotto senza che ne vedessero l’etichetta; la preferenza generale andò a Pepsi, il che stupì tutti poiché Coca-cola era leader incontrastata nelle vendite. L’esperimento fu ripetuto anni dopo con un’importante variante: le persone erano a conoscenza della marca che stavano bevendo. Il 75% delle persone scelse Coca-Cola.

Attraverso una risonanza magnetica si scoprì che Coca-Cola generava nel cervello l’attivazione dell’area relativa alle emozioni. Era dunque la parte emozionale a prevalere su quella razionale: Coca-Cola coinvolgeva maggiormente le persone perché collegava alle emozioni ricordi piacevoli legati alla bevanda.

 

Il dominio delle emozioni sulle decisioni delle singole persone è infatti quasi totale, le emozioni agiscono direttamente e senza filtri razionali determinando immediatamente le impressioni e i giudizi del singolo individuo rispetto ad ogni stimolo esterno e di conseguenza ne indirizzano le reazioni e le scelte.

 

A questo punto è necessario ammettere una dura verità: le persone non vivono in un laboratorio.

Predictive media analytics

Oggi infatti esistono nuove tipologie di Media Analytics che rappresentano un vantaggio competitivo imprescindibile.

La possibilità di comprendere le emozioni, definirle e renderle poi, in forma di dati, disponibili all’utilizzo pratico è il paradigma che muove oggi le ricerche dell’Emotion AI, o affective computing, un ramo specifico dell’intelligenza artificiale che si occupa di analizzare gli stati affettivi umani.

Attraverso una normale webcam è possibile comprendere in anticipo come le persone reagiranno emotivamente di fronte ad un contenuto, eliminando i media potenzialmente fallimentari o dannosi per concentrare il budget su quelli più performanti.

Questi tool consentono di arrivare direttamente alle persone, nel loro ambiente naturale, attraverso i dispositivi personali che usano ogni giorno.

L’analisi predittiva è estremamente efficace proprio perché può agire prima che il contenuto venga pubblicato, permettendo a chi impiega questi strumenti una serie combinata di benefici:

  • Ottimizzazione del contenuto
  • Prevenzione degli sprechi di budget
  • Ottimizzazione della spesa di pianificazione media
  • Prevenzione di episodi di “brand’s bad reputation”

Ancora testa o croce?

In un momento storico in cui l’ottimizzazione delle risorse economiche diventa un fattore sempre più determinante, l’utilizzo sistematico di processi di analisi predittiva è quindi mandatorio per un’industria come il MarTech in cui il “nuovo”, sul fronte della tecnologia impiegata, rappresenta per definizione l’“imprescindibile”.

Così come durante l’avvento della SEO questa appariva dirompente solo a chi ne conosceva le potenzialità e ne ha quindi pienamente sfruttato il vantaggio strategico, anche oggi, chi inizia a gestire i propri contenuti con il supporto degli Emotion Analytics, può scegliere i più performanti incrementando le vendite, aumentando la propensione all’acquisto, l’apprezzamento del marchio e la probabilità che i propri contenuti siano condivisi e diventino virali, sfruttando così una tecnologia realmente effettiva.

Questa è una rivoluzione che rappresenta la soluzione più efficace e facilmente disponibile contro il fallimento mediatico.

Il lancio della moneta per prendere una decisione è retaggio del passato, un passato basato su un’unica certezza, come citò il celebre John Wanamaker: “Metà di quello che spendo in pubblicità è sprecato. Il problema è che non so quale metà”.

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